mercoledì 24 novembre 2010

Massimo Troisi


Nasce a San Giorgio a Cremano, cittadina alle porte di Napoli, il 19 febbraio 1953. Il padre, Alfredo Troisi, è un macchinista ferroviario, mentre la madre, Elena Andinolfi, è casalinga. Cresce in una famiglia molto numerosa; abita infatti nella stessa casa con i genitori, cinque fratelli, due nonni, gli zii ed i loro cinque figli. Mentre studia per conseguire il diploma di geometra all'Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri "Eugenio Pantaleo" di Torre del Greco scrive alcune poesie in dialetto ispirate a Pasolini, il suo autore preferito, e inizia a recitare, dal 1969, nel teatro parrocchiale della Chiesa di Sant'Anna insieme ad alcuni amici d'infanzia (tra cui Lello Arena, Nico Mucci, Valeria Pezza). Nel 1972 gli viene diagnosticata un'anomalia cardiaca che lo obbliga, nel 1976, a recarsi negli Stati Uniti per un intervento alla valvola mitralica; alle spese del viaggio contribuisce una colletta organizzata, tra gli altri, dal quotidiano di Napoli Il Mattino.


Prime Esperienze

Nel 1972, insieme ad alcuni amici, si stabilisce all'interno di un garage a San Giorgio a Cremano chiamato Centro Teatro Spazio ed inizia a recitare sul palcoscenico proponendo recite pulcinellesche tipiche della tradizione teatrale napoletana. Con l'aggregarsi di Enzo Decaro, nel 1977 fonda il gruppo "I Saraceni" (divenuto in seguito "La Smorfia") assumendone il ruolo di leader. Il trio inizia a recitare al Teatro Sancarluccio e subito ottiene un grande successo, che gli consente di approdare al cabaret romano La Chanson e ad altri spettacoli comici in tutta Italia. Dopo una breve parentesi radiofonica con la trasmissione Cordialmente insieme, la televisione li consacra definitivamente alla celebrità: partecipano infatti ai programmi televisivi Non stop (1977), La sberla (1978) e Luna Park (1979).
L'ultimo spettacolo teatrale del trio è Così è (se vi piace), citazione del Così è (se vi pare) di Luigi Pirandello .

Il Successo

Dopo aver lasciato la Smorfia esordisce sullo schermo sia come attore e sia regista nel film Ricomincio da tre. Il film viene acclamato dalla critica e Troisi ottenne due Nastri d'Argento per il miglior regista esordiente e per il miglior soggetto e due David di Donatello per il miglior film e per il miglior attore. L'anno seguente accetta di dirigere uno speciale televisivo trasmesso da Rai Tre per la serie Che fai, ridi? dedicato ai nuovi comici italiani di inizio anni ottanta, Morto Troisi, viva Troisi!, con Marco Messeri, Roberto Benigni, Lello Arena e Carlo Verdone. Sempre nel 1982, recita insieme a Lello Arena nel film No grazie, il caffè mi rende nervoso, nel quale un fanatico ed invasato difensore delle tradizioni napoletane (pizza, sole e mandolino), cercando in tutti i modi di impedire lo svolgimento del "Primo Festival Nuova Napoli", simbolo della novità usurpatrice della tradizione, finisce col provocare la morte di Troisi, in un vicolo, dentro un organetto e con la pizza in bocca. Di questo film sono da ricordare in particolare i monologhi di Troisi nell'albergo, al commissariato e dal giornalaio.
La seconda tappa della carriera cinematografica è del 1983, con Scusate il ritardo, nel quale il protagonista è simile nei caratteri al Gaetano del film precedente, ma più timido e impacciato; è incapace di consolare un suo amico in crisi affettiva ma è a sua volta incapace di amare la sua donna.
Altro grande successo di pubblico (ma non di critica) lo ottiene nel 1984 con Non ci resta che piangere, unico film a fianco di Roberto Benigni, da lui molto lontano per lingua e gestualità. Il film - basato su una trama elementare - è ricco di citazioni storiche e rimane comunque nell'immaginario collettivo per le invenzioni e le gag di Troisi e Benigni. Mario (Troisi) e Saverio (Benigni), trovato chiuso un passaggio a livello, passano la notte in una locanda, ma la mattina scoprono di essersi risvegliati a "Frittole", nel 1492. Devono adeguarsi alla vita dell'epoca pur sperando di rientrare nel loro mondo. Fra le tante gag è da menzionare la scena della scrittura di una lettera a Girolamo Savonarola, chiara citazione dell'analoga scena interpretata da Totò e Peppino De Filippo in Totò, Peppino e... la malafemmina.
Inoltre, nel 1986 Troisi ha un piccolo ruolo nel film diretto da Cinzia Torrini, Hotel Colonial, girato in Colombia, nel quale tenta la carta del cast internazionale. Troisi interpreta un traghettatore napoletano emigrato in Sudamerica che aiuta il protagonista nella ricerca del fratello.
Nel 1987 è attore e regista di Le vie del Signore sono finite, ambientato durante il periodo fascista; interpreta il ruolo di Camillo Pianese, un invalido "psicosomatico", assistito dal fratello Leone (l'inseparabile amico di sempre Marco Messeri), lasciato dalla sua donna e che si trova a consolare un suo amico, malato autentico ed innamorato della stessa donna senza essere ricambiato. Il film vince il Nastro d'Argento alla migliore sceneggiatura.
Nel triennio seguente collabora come attore con Ettore Scola e con Marcello Mastroianni in tre film: Splendor (1988), in cui è proiezionista di un cinema prossimo alla chiusura; Che ora è? (1989), sui rapporti conflittuali tra padre e figlio, per il quale è premiato con la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile, ex aequo con Mastroianni, alla Mostra del Cinema di Venezia; e Il viaggio di Capitan Fracassa (1990), dove interpreta Pulcinella.
L'ultima regia di Troisi è quella di Pensavo fosse amore, invece era un calesse, del 1991, di cui è anche sceneggiatore e protagonista con Francesca Neri e Marco Messeri.

Il Postino e la scomparsa prematura

All'inizio del 1994 Troisi, recatosi ancora una volta negli Stati Uniti per dei controlli cardiaci, apprende che deve sottoporsi con urgenza a un nuovo intervento chirurgico, ma decide di non rimandare le riprese del suo nuovo film: Il postino (1994), girato a Procida e Salina e diretto da Michael Radford, liberamente tratto dal romanzo Il postino di Neruda di Antonio Skármeta, che tratta dell'amicizia tra un umile portalettere e Pablo Neruda (Philippe Noiret) durante l'esilio del poeta cileno in Italia.
Troisi riesce a terminare il grande capolavoro cinematografico con enorme fatica e con il cuore stremato, facendosi sostituire in alcune scene da una controfigura. Troisi muore nel sonno, nella casa della sorella Annamaria e in compagnia del suo più grande amico sin dall'infanzia, Alfredo Cozzolino, a Ostia, per attacco cardiaco, il 4 giugno 1994, 12 ore dopo aver terminato le riprese de Il postino e lascia un vuoto incolmabile nella cinematografia italiana. Amici e conoscenti, nel citarlo più e più volte, hanno sempre messo in luce l'intelligenza, l'esclusività di un personaggio, che pur nella sua indolenza, nel suo modo di esprimere la napoletanità, è sempre rimasto naturalmente umano. La spiccata attenzione verso la realtà non gli hanno mai fatto perdere la modestia. In una intervista di Gigi Marzullo alla domanda «Come si fa a rimanere semplici dopo avere avuto tanto successo?», Troisi risponde «Ci si nasce. Il successo è solo una cassa amplificatrice. Se eri imbecille prima di avere successo diventi imbecillissimo, se eri umano diventi umanissimo. Il successo è la lente d'ingrandimento per capire com'eri prima.»

« Un finale grandioso per un attore. Morire alla fine di un film che ha tanto voluto e tanto amato. » (Marcello Mastroianni)
«È come se fosse morta una parte di me.» (Lello Arena)

Due anni dopo la morte di Troisi, il film viene candidato a cinque Premi Oscar (tra cui Troisi come miglior attore, il quarto di sempre a ricevere una nomination per l'Oscar postumo), ma delle cinque nomination si concretizza solo quella per la migliore colonna sonora (scritta da Luis Bacalov).
Nel 2009 all'attore è stato dedicato il nome della ciclofficina popolare nel centro storico di Napoli.



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